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Sgominato il mandamento mafioso dello jatino, misure cautelari per 10 affiliati

Il Tarlo by Il Tarlo
26 Ottobre 2021
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A San Giuseppe Jato e a San Cipirello i militari del nucleo investigativo del gruppo carabinieri di Monreale hanno dato esecuzione a 10 provvedimenti cautelari, 8 in carcere, uno ai domiciliare e uno alla sospensione dall’ufficio o servizio, emessi dal gip sulla base delle risultanze investigative emerse al termine dell’indagine dei militari e diretta da un pool di magistrati della locale direzione distrettuale antimafia, coordinati dal procuratore aggiunto Salvatore De Luca, per le ipotesi di reato di associazione di tipo mafioso, estorsione aggravata dal metodo mafioso, cessione di sostanze stupefacenti e accesso abusivo a sistema informatico.
Le condotte di reato contestate agli indagati, 6 dei quali vengono ritenuti affiliati alla famiglia mafiosa di San Giuseppe Jato (inquadrata nell’omonimo mandamento mafioso), sono relative al periodo compreso tra il febbraio 2017 ed il novembre 2019, durante il quale il gruppo di Monreale ha condotto il monitoraggio degli assetti criminali interni allo storico mandamento mafioso jatino per come ridefinitisi nel periodo successivo alla conclusione delle manovre investigative di contesto convenzionalmente denominate ‘Nuovo Mandamento’ (2013), ‘Quattro.Zero’ (2014), ‘Montereale’ (2016) e ‘Nuovo Papa’ (2017).
Secondo quanto ritenuto nel provvedimento cautelare sulla base di gravi indizi, gli associati hanno esercitato il controllo del territorio attraverso la realizzazione di estorsioni nel territorio di San Giuseppe Jato, in particolare in danno di un centro scommesse, devolvendo gran parte dei proventi derivanti da tali attività illecite in favore delle famiglie degli associati detenuti; l’espansione imprenditoriale nel settore edilizio, attraverso il conseguimento di diversi appalti, sia nella valle dello Jato che a Palermo (gli associati jatini sono entrati in relazione con esponenti di famiglie mafiose del centro e gli corrispondevano somme di denaro quali ‘messe a posto’ per lavori di edilizia privata eseguiti nelle zone di rispettiva operatività); la cessione di sostanze stupefacenti del tipo hashish tra i territori di Palermo (mandamenti mafiosi di Santa Maria del Gesù e Porta Nuova) e San Giuseppe Jato.
Le attività di indagine hanno consentito, in particolare, di fornire concreti indizi circa su accaduto all’indomani dell’arresto di Ignazio Bruno, capo del mandamento mafioso di San Giuseppe Jato, e di Vincenzo Simonetti, suo autista e consigliere, avvenuti, rispettivamente, nelle operazioni di polizia denominate ‘Quattro.Zero’ e ‘Montereale’. I due uomini d’onore, anche durante la loro detenzione, hanno mantenuto stabili contatti con gli altri associati oggi destinatari del provvedimento cautelare. In particolare, le comunicazioni avvenivano con Calogero Alamia (nipote di Antonino Alamia, elemento di vertice della famiglia mafiosa di San Giuseppe Jato e già individuato quale ‘cassiere’ del mandamento mafioso, attualmente detenuto), cui viene contestato il ruolo di promotore dell’organizzazione dal luglio del 2018, e Maurizio Licari.
Gli altri indagati per associazione mafiosa, tutti in qualità di partecipi, sono Nicusor Tinjala, Giuseppe Bommarito, storico esponente di ‘Cosa Nostra’ e già condannato a 10 anni e 6 mesi di reclusione per associazione di tipo mafioso ed estorsione (sentenza divenuta irrevocabile nel 2006), ed i figli Calogero e Giuseppe Antonio. Il provvedimento eseguito oggi colpisce anche Massimiliano Giangrande, al quale non viene però contestato il reato associativo.
Vicenda sintomatica del controllo territoriale esercitato da ‘Cosa Nostra’ a San Giuseppe Jato è quella relativa all’estorsione in danno del gestore di un centro scommesse. In più circostanze, tra cui le festività di Pasqua del 2017, l’uomo ha consegnato agli indagati Licari, Giuseppe Bommarito e Nicusor Tinjala somme di denaro utilizzate sia per alimentare la ‘cassa’ della famiglia mafiosa che per supportare i detenuti associati attraverso il sostentamento delle rispettive famiglie.
Inoltre, è stato possibile documentare l’autorevolezza del capo famiglia Calogero Alamia all’interno di ‘Cosa Nostra’ jatina. Solo grazie al suo intervento, infatti, è stato possibile ricomporre, nell’estate 2018, gravi contrasti tra membri della famiglia mafiosa che ambivano alla ‘reggenza’. Tale spaccatura si sarebbe poi ricomposta solo grazie alla pressione esercitata dall’Alamia, il quale avrebbe sollecitato gli associati a mantenere l’unità per non compromettere il potere della famiglia sul territorio.
Infine, tra i destinatari del provvedimento cautelare eseguito vi è il già comandante della Polizia Municipale di San Giuseppe Jato, oggi in pensione, al quale è stata applicata la misura della sospensione dall’ufficio o servizio. A lui viene contestato di essersi introdotto abusivamente nel sistema informativo dell’Aci per verificare l’intestatario della targa di un veicolo da cui erano stati scaricati rifiuti edili in un’area di quel centro monitorata da telecamere comunali. Nel dettaglio, il pubblico ufficiale avrebbe riferito, per sua iniziativa, l’esito dell’accertamento informatico svolto all’indagato Giuseppe Antonio  Bommarito, consentendogli di provvedere al ripristino dello stato dei luoghi.
L’articolo Sgominato il mandamento mafioso dello jatino, misure cautelari per 10 affiliati proviene da partinicolive.

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