Era il 6 gennaio del 2005 quando a Trappeto moriva Ciccio Lucca, definito in più modi: “Rain Man”, “Pico della Mirandola” fino alla sintesi più asciutta e aderente di “Genio mnemonico”. Di seguito l’articolo Ciccio Lucca, “genio mnemonico” di Gaetano G. Perlongo.
Dal fotogramma Hollywoodiano alla pellicola della realtà, il passaggio è magico e fumettistico e prende il nome di Ciccio Lucca, il Pico della Mirandola di Sicilia e “alter ego dell’uomo della pioggia”. Idiot Savant di Trappeto, classe 1925: dai suoi neuroni, abbigliati a faldoni, si animano dodicimila persone (tutti i trappetesi che hanno calpestato la terra della Cannamela dal 1820 ad oggi). Pino Corrias, giornalista e scrittore, in L’uomo che si è fatto diario, La Stampa, 4 maggio 1998, scrive: “Ciccio “ha 77 anni” e cammina tutto il giorno. Quando cammina guarda i tetti del paese: “Perché è lì che abitano i ricordi”. Quando li vede, si ferma, bilancia l’equilibrio, e ride. Nella sua testa vivono migliaia di persone e di numeri. Lui ricorda le date, le malattie, gli alberi genealogici. Ricorda le stagioni buone per la semina di ogni anno passato.
Ricorda le tempeste e le avventure dei pescatori. Ricorda ogni pietra del paese (50 chilometri da Palermo, case bianche sul Golfo, 2924 abitanti), chi comprò le case, chi ereditò i poderi, chi piantò l’uliveto e il cespuglio di azalee, chi si sposò e fu felice, chi emigrò e dove. Ricorda tutto da principio. Dai tempi del possidente Russo Giovanni, l’uomo più ricco del paese, nato nel 1624 e morto nel 1731, di martedì, 15 generazioni prima che toccasse a lui nascere. Battezzato Francesco Lucca, detto Ciccio, scuola fino alla terza elementare, poi pescatore, una stanzetta davanti al mare dove c’è tutto quello che possiede: un letto, un armadio, un tavolino, una giacca, due paia di scarpe. Nessun parente, nessuna discendenza.
Dalla sua prodigiosa memoria manca un solo anno, il 1930, quando Ciccio Lucca, che ne aveva 5, si ammalò di meningite e divenne “babbu”, divenne stupido. Lo stupido del paese. Il suo cervello ne uscì misteriosamente scalfito: sul suo viso planò un sorriso permanente, la camminata si fece strascicata, l’umore dolcissimo.
E i ricordi indelebili. Da quando è pensionato, ogni mattina, Ciccio sale all’ufficio anagrafe del comune. Prende i faldoni più vecchi del paese, anno 1820, si mette a leggere, colonna dopo colonna. Li impara a memoria. Ogni tanto ride. Quando ride vuol dire che ha trovato un errore. Allora chiama il suo amico, l’impiegato Zenone, e gli dice di correggere. “D’Anna Giovanni, nato l’11 aprile 1901, fu Luigi, fu Concetta, non ebbe 5 figli, ma 7, il primo e il terzo morti bambini”. Gli impiegati fanno i controlli. Confrontano altri faldoni e scoprono che l’inchiostro dimenticò quel che Ciccio ricorda.
Ride ancora: “D’Anna Giovanni morì di sabato, non di lunedì come scritto qui”. E sai pure se pioveva quel giorno?, gli chiedono. “Se pioveva non lo so, ma c’era il quarto di luna”. Lui non sa spiegarsi perché i fatti e le persone gli stiano dentro in ordine perfetto, come le tratte ferroviarie della Sicilia che un giorno ha imparato a memoria. Ci sono e basta. Arrivano dai racconti ascoltati anche una volta sola in ciascun giorno della sua vita, e dagli “Almanacchi di Barbanera”, il calendario che ha comprato a ogni Natale, memorizzando perfino i giorni della settimana. Che giorno era il 20 luglio 1990? “Venerdì sant’Elia, si sposò Peppe”, ti risponde. Lui, Ciccio, non si è sposato mai, “perché la mamma non ha voluto”.
Ha coltivato la sua sapienza e l’ha dedicata al paese. Così lo interroga il barbiere per sapere se il bisnonno partì per la California o l’Argentina, perché nessuno lo sa più. Lo interroga il prete: quand’è che la chiesa rischiò l’incendio? E chi era il proprietario della casa là in fondo, morto di spagnola? E cosa successe a quella donna rimasta vedova, il giorno in cui arrivarono gli americani? Ciccio ride. Il bisnonno partì per il Venezuela. L’incendio si accese nel 1923. La casa laggiù era di Nanni Salvatore. E quella vedova salì su un treno per Palermo, sposò un commerciante, visse a Messina e restò vedova un’altra volta. Quando tutte le risposte sono in fila, Ciccio saluta allegro e va. La memoria è solo metà della sua fortuna. L’altra (a noi preclusa) è che non gli fanno mai male”. La mancanza di sovrastrutture mentali, fa sì che in riva al suo oceanico personaggio, soffino granelli di dolcezza, trasparenti alla luce e solleticanti a “tanti vuci“.»